Sempre un po’ in differita con la fine della lettura, vi espongo le mie impressioni su “Bambini di farina” di Anne Fine, prima tappa del meraviglioso #carnegietour creato da Mauro, alias @chiediloallorango
Anne Fine, per chi non la conoscesse, è una scrittrice inglese autrice di molti romanzi per bambini e ragazzi. Ha debuttato alla fine degli anni Ottanta e un suo titolo che forse riconoscerete è “Un padre a ore (mrs. Doubtfire)”, da cui è stato tratto il famoso film con Robin Williams.
“Bambini di farina”, tradotto per Salani editore da Massimo Birattari, narra di un esperimento scientifico da parte di un professore in una classe di “irrecuperabili”. I ragazzi (tutti maschi) ricevono un sacco di farina da tre chili ciascuno, a cui badare per tre settimane come se fosse un bambino. Se il “bambino di farina” perde peso perché si buca, prende peso perché si bagna, si sporca lo studente a cui era affidato prenderà un voto più basso. I ragazzi devono anche tenere un diario in cui raccontano ciò che fanno e che provano in relazione all’esperimento.
Subito ognuno degli studenti tira fuori le proprie doti: c’è chi mette su un “asilo nido per bambini di farina” facendosi pagare per badare ai bambini degli altri, c’è chi se ne frega del proprio e non fa nulla per prendersene cura.
E poi c’è Simon, il protagonista, che fin da subito si affeziona alla sua “bambina”, senza dubbio una femmina. Simon, che è cresciuto con la madre e la nonna, dopo che il padre se n’è andato. Ho trovato Simon molto dolce e riflessivo, come se avesse scelto la via più facile, quella dello svogliato, solo per non doversi mettere in gioco troppo. In realtà è capace anche di grande profondità.
Durante il gdl abbiamo discusso molto sulla questione delle classi divise per “capacità” e “livello”, cosa che credo sia ancora in voga negli Stati Uniti, ma probabilmente anche in Inghilterra. Il parallelismo con le differenze tra un liceo classico e il più “scadente” degli istituti professionali è d’obbligo. Il fatto che i professori stessi non ripongano alcuna speranza nella classe che hanno davanti, purtroppo, è ancora molto comune.
Nel complesso un ottimo romanzo che ha suscitato molteplici pensieri e riflessioni. Proprio come dovrebbero fare i libri.
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